Amazing Documents
Cosa custodisce un archivio di arte e cultura contemporanea?
Quali racconti si celano dietro ai materiali che conserva? “Amazing Documents” è un percorso alla scoperta di alcuni curiosi oggetti provenienti dall'Archivio del ’900 del Mart. Persa la loro funzione originaria, questi manufatti rievocano storie e aneddoti su artisti e critici d’arte di cui testimoniano la vita e l’operato.
Vittore Grubicy De Dragon
Vittore Grubicy De Dragon (1851-1920) è stato un mercante e critico d'arte legato alla corrente divisionista.
Assieme al fratello Alberto promosse l'attività di artisti come Emilio Longoni, Gaetano Previati e Giovanni Segantini. Fu anche pittore e incisore.
Il suo archivio è stato acquistato dal Mart nel 1998. Anche grazie allo studio di questa documentazione, nel 2005 il Mart ha allestito la grande mostra "Vittore Grubicy e l'Europa. Alle radici del divisionismo".
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Nell'immagine: Benvenuto Benvenuti, "Ritratto di Vittore Grubicy", 1910 circa, Mart, Archivio del ’900, Fondo Grubicy
Nell'archivio Grubicy sono stati rinvenuti alcuni oggetti, come questa scatola contenente vari "ferri del mestiere".
Grubicy avviò la sua attività pittorica sotto l'influenza della pittura olandese, in particolar modo di Anton Mauve, e la sua opera fu documentata da importanti rassegne come la Triennale di Milano e la Biennale di Venezia.
All'interno della scatola sono presenti vari pennelli, boccette e un imbuto per diluenti, tubetti di colore, contenitori e alcune tavolozze personali.
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Nell'immagine: oggetti e cimeli di Vittore Grubicy, fine XIX-inizio XX secolo, Mart, Archivio del ’900, Fondo Grubicy
Una scatola di legno ritrovata tra le carte dell'artista presenta altri oggetti personali appartenuti a Grubicy: alcune paia di occhiali, binocoli da teatro, la targhetta posta all'esterno della sua abitazione e l'insegna della Famiglia Artistica Milanese, realizzata in bronzo dallo scultore Eugenio Pellini.
L'oggetto forse più curioso è però il piccolo cornetto acustico; questo strumento compare nel ritratto di Grubicy eseguito da Giovanni Segantini e conservato al Museum der bildenden Künste di Lipsia.
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Nell'immagine: oggetti e cimeli di Vittore Grubicy, fine XIX-inizio XX secolo, Mart, Archivio del ’900, Fondo Grubicy
Giannina Censi
Se Filippo Tommaso Marinetti teorizzò nel 1917 la danza futurista, la ballerina e coreografa Giannina Censi (1913-1995) fu di quest'arte la principale protagonista.
Tra le sue più note interpretazioni degli anni Trenta figurano le celebri "Aerodanza", ideata da Enrico Prampolini, e "Simultanina" di Marinetti.
L'archivio della ballerina è stato acquistato dal Mart nel 1998 a seguito della mostra "Giannina Censi. Danzare il futurismo", allestita negli spazi della Casa d’Arte Futurista Depero.
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Nell'immagine: Giannina Censi in "Aerodanze 3: rovesciamento d'apparecchio", 1931 circa, fotografia T. Santacroce, Milano, Mart, Archivio del ’900, Fondo Censi
Nelle fotografie dell’archivio Censi, realizzate a partire dal 1915, si scorgono di tanto in tanto sul corpo della ballerina numerosi gioielli.
Tra i documenti è emersa anche parte della bigiotteria personale e di scena, risalente in particolar modo agli anni Trenta e Quaranta del Novecento.
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Nell'immagine: bigiotteria personale e di scena di Giannina Censi, anni Trenta-Quaranta del Novecento, Mart, Archivio del ’900, Fondo Censi
Qualche esempio? Il monogramma argentato con le iniziali "GC" della ballerina, tre spilloni per capelli e una collana a foggia di serpente.
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Nell'immagine: bigiotteria personale e di scena di Giannina Censi, anni Trenta-Quaranta del Novecento, Mart, Archivio del ’900, Fondo Censi
Margherita Sarfatti
Margherita Sarfatti (1880-1961) è stata una delle più influenti critiche d'arte del secolo scorso.
Il suo nome è legato indissolubilmente a quello degli artisti di Novecento Italiano, promotori di un ritorno alla tradizione pittorica in opposizione al tumulto delle avanguardie.
Il vasto archivio di Sarfatti documenta anche la sua intensa attività di scrittrice e pubblicista ed è stato acquistato dal Mart nel 2009. Alla sua figura di intellettuale il Mart ha dedicato nel 2018 la mostra "Margherita Sarfatti. Il Novecento Italiano nel mondo".
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Nell'immagine: Ghitta Carell, ritratto di Margherita Sarfatti, 1931-1932, Mart, Archivio del ’900, Fondo Sarfatti
Anche l'archivio Sarfatti comprende alcuni documenti in forma di oggetto.
Si tratta perlopiù di ricordi legati alla propria vita e ai numerosi viaggi, come questa piccola scatola che custodisce frammenti di pietre e mosaici raccolti in Tunisia nel 1923: un’esperienza che portò la scrittrice alla pubblicazione, lo stesso anno, di "Tunisiaca".
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Nell'immagine: scatoletta con ricordi del viaggio in Tunisia di Margherita Sarfatti, 1923, Mart, Archivio del ’900, Fondo Sarfatti
Questa curiosa scatola di cartone, in origine l'involucro del primo volume dell'Enciclopedia Treccani, contiene i calchi in gesso di 35 monete greche del VI, V e IV secolo a.C.
Perché sono conservate nell’Archivio del ’900? Si tratta di un dono a Margherita Sarfatti da parte dell'allora Soprintendente alle Antichità della Sicilia, il roveretano Paolo Orsi, a testimonianza della comune passione per l’antichità classica.
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Nell'immagine: calchi di monete greche donati da Paolo Orsi a Margherita Sarfatti, 1930, Mart, Archivio del ’900, Fondo Sarfatti
Enrico Baj
Enrico Baj (1924-2003) è stato tra i maggiori artisti italiani del secondo Novecento, fondatore di movimenti come l'Arte nucleare (1951) o il Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista (1953).
Ampia è la sua produzione saggistica, dedicata soprattutto a curiosità e aneddoti legati all'arte contemporanea.
L'archivio è stato donato al Mart dalla moglie dell'artista, Roberta Cerini, nel 2014.
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Nell'immagine: ritratto di Enrico Baj, anni Cinquanta del Novecento, Mart, Archivio del ’900, Fondo Baj
Baj fu tra gli importatori in Italia della 'Patafisica (sì, con l'apostrofo iniziale!), la scienza delle soluzioni immaginarie promossa dallo scrittore Alfred Jarry.
Prendendo a modello il francese Collège de 'Pataphysique, col quale era entrato in contatto, nel 1963 Baj fondò a Milano l’Institutum 'Pataphysicum Mediolanense.
Questo è il prezioso gonfalone dell'Istituto, utilizzato in particolar modo nelle cene patafisiche che si tenevano solitamente alla Cassina de' Pomm, lungo il Naviglio della Martesana.
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Nell'immagine: gonfalone dell'Institutum 'Pataphysicum Mediolanense, anni Sessanta del Novecento, Mart, Archivio del ’900, Fondo Baj
Anche questo gonfalone proviene da casa Baj e fu probabilmente acquistato dall'artista per via del suo aspetto singolare.
Databile all'inizio del Novecento, l’insegna rimanda alla Cassa di previdenza degli spazzacamini italiani presenti in Francia.
Uno di questi lavoratori è rappresentato a ricamo nella parte bassa dello stendardo.
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Nell'immagine: gonfalone della Caisse de Prévoyance des ouvrièrs italiens fumistes en France, inizio Novecento, Mart, Archivio del ’900, Fondo Baj
Amelia Etlinger
Amelia Etlinger (1933-1987) è stata un'artista sperimentale statunitense legata in particolar modo alle ricerche sul libro d'artista, alla verbovisualità e alla Mail art.
In quest'ultimo ambito Etlinger ha dato vita a una particolarissima produzione di comunicazioni postali utilizzando tessuti ed elementi vegetali.
L'Archivio del ’900 conserva decine delle sue lettere-opera negli archivi dell'artista Betty Danon e del collezionista Marco Fraccaro.
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Nell'immagine: ritratto di Amelia Etlinger, seconda metà anni Settanta del Novecento, Mart, Archivio del ’900, Fondo Danon
Ecco una tipica lettera-opera di Amelia Etlinger, inviata a Betty Danon nel corso degli anni Settanta.
In questi lavori la scrittura si cela segretamente dietro una ragnatela di fili di seta, nastri, carte veline, paillettes, foglie e fiori secchi estremamente fragili.
Ogni volta che le lettere vengono chieste in consultazione o in prestito si pone l'annoso dilemma: come garantire contemporaneamente la fruizione e la massima conservazione di questi documenti?
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Nell'immagine: lettera di Amelia Etlinger a Betty Danon, 25 gennaio 1979, Mart, Archivio del ’900, Fondo Danon
Questa cartolina-opera di Amelia Etlinger fu realizzata nel 1973 per la mostra "Cards from the world", allestita al Centro Tool di Ugo Carrega a Milano.
A questo evento - di fatto una delle prime mostre di Mail art in Italia - parteciparono decine di artisti come Ben Vautier, Mirella Bentivoglio, Ketty La Rocca, Eugenio Miccini e Bruno Munari.
L'intera mostra di 165 cartoline è conservata nel fondo Fraccaro-Carrega insieme ad alcune fotografie che mostrano le opere appese al soffitto tramite sottili fili di nylon.
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Nell'immagine: Amelia Etlinger, cartolina d'artista, 1973, Mart, Archivio del ’900, Fondo Fraccaro-Carrega
Guglielmo Achille Cavellini
Guglielmo Achille Cavellini, noto anche come GAC (1914-1990), è stato una delle figure più eccentriche dell'arte italiana del secondo Novecento.
Tema centrale del suo lavoro è la cosiddetta "autostoricizzazione": un’iperbolica (quanto ironica) esaltazione della propria figura d'artista.
Le Carte Cavellini conservate all'Archivio del ’900 furono donate nel 2013 dal figlio Piero.
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Nell'immagine: Guglielmo Achille Cavellini ritratto da Andy Warhol in un francobollo d'artista, anni Ottanta del Novecento, Mart, Archivio del ’900, Carte Cavellini
Accanto a libri d'artista, cartoline e francobolli con il proprio ritratto, uno dei mezzi più utilizzati da Cavellini per celebrare il proprio nome fu lo sticker.
Questo è senz'altro il più noto tra quelli autoprodotti dall'artista a partire dal 1973: stampato in decine di migliaia di copie, reclamizza un'inesistente mostra per il centenario di Cavellini che, secondo l'artista, si sarebbe dovuta tenere a Palazzo Ducale nel 2014.
L'adesivo, per molti versi un'icona dell'artista, fu utilizzato da Cavellini in innumerevoli performance e diffuso in ogni angolo del mondo.
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Nell'immagine: sticker di Cavellini che reclamizza un'inesistente mostra, anni Settanta del Novecento, Mart, Archivio del ’900, Carte Cavellini
L'autostoricizzazione di Cavellini prese forma anche attraverso delle vere e proprie tournée internazionali che portarono l'artista negli Stati Uniti e in Giappone.
Una di queste è documentata da una spilla che celebra l'anniversario del suo arrivo a Osaka nell'ottobre del 1986.
Qui, nel tempio Shitenno-ji, scrisse parte della propria autobiografia sul cranio rasato di Shōzō Shimamoto, leader del gruppo d'avanguardia Gutai che nello stesso anno pubblicò la monografia "Cavellini Japan": una vera e propria antologia in giapponese del pensiero cavelliniano.
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Nell'immagine: spilla che commemora l'anniversario della tournée di Cavellini in Giappone, 1987, Mart, Archivio del ’900, Carte Cavellini
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