Quaderni ADAC 2. Rolando Tessadri

Collana e volume a cura di Gabriele Lorenzoni
Coordinamento editoriale: Lodovico Schiera
Testo critico: Matteo Galbiati
Progetto grafico: Headline, Rovereto
Editing: Daniela Trentin
Traduzioni: Eurotrad, Urbino
Crediti fotografici: Bruno Bani; Nicola Eccher; Giulio Malfer; Davide Silva
Edizioni Mart, 2018

  • "Tessitura n. 33/34", 2016, tecnica mista su tela, 70 x 100 cm, Courtesy l’artista

    "Tessitura n. 33/34", 2016, tecnica mista su tela, 70 x 100 cm, Courtesy l’artista

  • "Tessitura n. 45/46/47/48", 2017, tecnica mista su tela, 140 x 200 cm, Courtesy l’artista

    "Tessitura n. 45/46/47/48", 2017, tecnica mista su tela, 140 x 200 cm, Courtesy l’artista

  • "Tessitura n. 01/02/03/04/05/06/07/08", 2018, tecnica mista su tela, 240 x 320 cm, Courtesy l’artista

    "Tessitura n. 01/02/03/04/05/06/07/08", 2018, tecnica mista su tela, 240 x 320 cm, Courtesy l’artista

  • "Square", 2017, tecnica mista su tela, 140 x 960 cm, Courtesy Maurizio Caldirola Arte Contemporanea, Monza

    "Square", 2017, tecnica mista su tela, 140 x 960 cm, Courtesy Maurizio Caldirola Arte Contemporanea, Monza

  • Rolando Tessadri nel suo studio

    Rolando Tessadri nel suo studio

Bio Intervista tratta da Quaderni ADAC 2018

“Come ogni pittore analitico, con il mio lavoro descrivo dei territori, che indago fino a quando non sento la necessità di andare oltre”.

Rolando Tessadri (Mezzolombardo, TN, 1968) è un artista che ha saputo mantenersi coerente con il percorso che più gli stava a cuore, tenere la barra dritta sulla pittura, e in particolare sull’astrazione analitica, anche in anni, quelli della sua formazione, in cui le tendenze più innovative che trovavano spazio nelle esposizioni più rilevanti dalle gallerie private alle Biennali, dai Musei alle riviste di settore, viravano in direzione dell’abbandono del medium pittorico.

“Verso la metà degli anni 90 facevo una pittura molto variegata. Sperimentavo passando liberamente da astrazione a figurazione, nel campo della quale ero molto attratto sia dalla Transavanguardia che dal graffitismo: il sistema-arte stava entrando in un periodo dominato dal video e dall’installazione, che però non sentivo vicine alla mia poetica”. Dopo aver terminato il percorso di studi preso l’Istituto d’Arte “Alessandro Vittoria” di Trento, Tessadri non segue il naturale percorso curricolare iscrivendosi ad una Accademia di Belle Arti, ma preferisce il corso di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Udine. Si dedica così all’approfondimento teorico e allo studio della storia dell’arte e si avvicina al mondo del cinema: tutti questi elementi ne plasmano la personalità culturale, senza intaccare però il suo primo amore, la pittura. 

L’ambiente di Udine era molto vivace negli anni ’90 sul fronte astrattista: in città erano attivi numerosi artisti, fra cui Carlo Ciussi (Udine, 1930 - 2012), e importanti gallerie private, come Plurima. “Il mio punto di riferimento l’ho trovato però all’interno dell’Università, in un critico d’arte, Dino Marangon (Zelarini, VE, 1954), che ai tempi era poco più che trentenne ma aveva già curato la sezione dedicata al Triveneto del fondamentale volume sulla pittura in Italia (D. Marangon, 'Le Venezie', in 'La pittura in Italia / Il Novecento', Electa, Milano 1994). È stato lui a parlarmi per primo di Mauro Cappelletti (Trento, 1948): è come se fossi dovuto uscire dal mio territorio per poi riappropriarmene. Questa è divenuta una delle caratteristiche del mio lavoro: l’alternanza fra momenti di lavoro e ricerca all’interno del territorio trentino, cui sono molto legato, e periodi fuori”.

Tessadri segue il consiglio di Marangon e nel 1997 entra in contatto con Mauro Cappelletti: “cercavo un punto di riferimento, un artista che mi potesse guidare nella giusta direzione. Ai tempi facevo l’Università, quindi avevo molti stimoli e molte conoscenze. Amavo la storia dell’arte e volevo approfondire il campo dell’astrazione. Mauro ha una solida preparazione storico-artistica, è un vero artista-intellettuale, come tutti quelli di Astrazione Oggettiva”.

Ed è proprio attraverso i racconti e il contatto con le opere di Cappelletti che Tessadri approfondisce la conoscenza di Astrazione Oggettiva, movimento attivo a Trento fra il 1976 e il 1978 che, inserendosi nel filone della Pittura Analitica, si era segnalato a livello nazionale per il rigore della ricerca e la coerenza dell’impegno teorico. I sei firmatari del manifesto, Mauro Cappelletti, Diego Mazzonelli (Terlago, TN, 1943 – Trento, 2014), Gianni Pellegrini (Riva del Garda, TN, 1953), Aldo Schmid (Trento, 1935 - Monzuno, BO, 1978), Luigi Senesi (Pergine Valsugana, TN, 1938 – Bologna, 1978), e Giuseppe Wenter Marini (Merano, BZ, 1944 – Bergamo, 2015), condividevano, pur nella differenza dei percorsi individuali, una medesima propensione per la ricerca sul colore e un impegno pressoché esclusivo nella pratica pittorica.

”Nella primavera del 1997 ho visitato la grande retrospettiva su Aldo Schmid presso la Galleria Civica di Trento. Mi ha colpito la coerenza della sua ricerca e la forza delle sue grandi tele, in particolare i lavori della metà degli anni Settanta. Alcuni mesi dopo ho avuto inoltre l’occasione di visitare la mostra 'Dopo Astrazione Oggettiva', curata dallo stesso Dino Marangon, presso il Dipartimento di Storia e Critica delle Arti della Facoltà di Lettere dell’Università di Venezia, organizzata in occasione del ventennale della morte di Schmid e Senesi: in quella circostanza mi entusiasmarono particolarmente i lavori di Luigi Senesi. Successivamente ho conosciuto Diego Mazzonelli e Gianni Pellegrini, che da quel momento sono diventati per me dei punti di riferimento”.

Già nel corso degli anni Ottanta Cappelletti, Pellegrini e Mazzonelli avevano superato il rigore della ricerca degli anni di Astrazione Oggettiva, arrivando ad una pittura molto più libera, che teneva in considerazione la ricerca sul colore, liberandola però da ogni vincolo formale: “io però non mi sono orientato sul loro lavoro contemporaneo, preferendo invece recuperare lo spirito della pittura delle origini, tornando idealmente agli anni Settanta. Il mio rapporto con Astrazione Oggettiva infatti era nostalgico, quasi evocativo. Quella per me era un’epoca lontana. Non avendola vissuta direttamente la recuperavo, per così dire, nella sfera del mito”. 

Il lavoro di Tessadri, come rilevato da molti critici, si caratterizza infatti come punto di incontro fra la progettualità, il rigore e l’ortogonalità da un lato e una componente legata al colore che va oltre la corrente analitica, che pare sfuggirle: “questo aspetto è fondamentale perché mi consente di caratterizzare il mio lavoro come ricerca. Si corre sempre il pericolo di cadere nel revival e di fossilizzarsi su qualcosa che ha fatto il suo tempo. Cerco di andare oltre la pittura analitica. In un certo senso, mi considero un analitico non ortodosso”.

Il momento di svolta nella produzione pittorica di Tessadri coincide con la fine dell’Università e la consacrazione dell’impegno nel campo della pittura astratta: “a partire dal 2000 ho fatto un salto di qualità, introducendo le prime texture – tessiture. Si tratta dell’inizio di un percorso che porto avanti tutt’ora. All’inizio lavoravo su un quadro singolo e poi sono arrivato a concepire le opere in maniera modulare e composita, come polittici”. 

In questi anni Tessadri manifesta inoltre un interesse per la corrente minimalista: “mi sono innamorato del minimalismo, forse proprio perché si tratta di una poetica avulsa rispetto al nostro territorio”. Il contatto con il minimalismo è mediato da letture e mostre e dall’incontro con Igino Legnaghi (Verona, 1936): “il suo modo di concepire la scultura mi ha aiutato a capire meglio la natura del mio lavoro e a rendere più produttivo il mio rapporto con lo spazio”.

Dal 2000 al 2008 lavora con fasce colorate, alternandole a lavori monocromi, creando sequenze e variazioni. Successivamente, in particolare dal 2013, le campiture si semplificano ed emergono dei luoghi della mente simili ad orizzonti: “l’ortogonale, che successivamente ho interpretato come confine, orizzonte, risponde in quel momento ad una necessità di rigore, quasi architettonico: è l’aspetto più razionale e progettuale del mio lavoro, è quello che rimane di Astrazione Oggettiva”.

Gli ultimi anni lo vedono impegnato in una serrata produzione, di cui questa monografia dà conto. L’attività artistica non viene rallentata nemmeno dall’insorgere di un problema di salute che pare anzi contribuire al raggiungimento di un momento di sintesi nella parabola della sua sperimentazione: “recentemente mi sono misurato con un’esperienza per me fondamentale, una grave malattia. Fino ad allora ero sempre un po’ distaccato dalla pittura, come se ci fosse un filtro fra me e la superficie del quadro. Dopo la malattia c’è stato un passaggio, è emersa una spinta esistenziale che prima non c’era, un bisogno vitale, come se avessi sentito la necessità di superare questo confine e di entrare dentro lo spazio del quadro. È qui che incontro la dimensione della pittura: una dimensione che scopro irrazionale. La mia ricerca recente è costruita su questa cifra. La mia storia, l'ortogonalità, la progettualità, restano come elementi di un linguaggio che cerco di forzare e piegare a scopi lontani da quelli della pittura analitica, per definizione distaccata e razionale. La malattia mi ha dato questo: dal punto di vista personale mi ha causato grandi sofferenze, ma per quanto riguarda la forza che ha dato al mio lavoro credo sia stata una fortuna.”

Rolando Tessadri vive a Salorno (Bz) e ha il proprio studio a Mezzolombardo (Tn).